Sono solo 10 minuti. I tuoi.

La quotidianità stanca. 
È un tran tran continuo che ti avvolge nel loop di domande esistenziali tipo "dove sto andando? cosa sto facendo? sarà giusta questa direzione?".
Sai che non esiste qualcuno che possa darti conferma, che non esiste qualcosa che viene da te a parlarti e a dirti "ciao, io sono la tua strada e ti do conferma che mi stai calpestando per bene!".
Non accadrà mai, in nessun luogo o tempo...se non per Will Smith in Collateral Beauty (film stupendo che vi consiglio assolutamente di vedere!), che ha la fortuna di incontrare il pungente Amore, la quieta Morte e il beffardo Tempo.
No, non accadrà. 
Eppure si sta sempre alla ricerca di qualcosa, si corre verso una meta e appena la si raggiunge già all'orizzonte ce n'è un'altra pronta per essere desiderata con ogni parte del proprio corpo. 
Si chiama Routine.
Sembra una corsa sul tapis roullant davanti ad un orizzonte che si fa sempre più vicino e che cerchi di acchiappare con una mano mentre il sudore scende sulla fronte. È un bel panorama caldo, il tramonto sul mondo, un safari senza recinti e cartellini, una carezza al sole che sembra una sfera perfetta di un biliardo di cui non si vedono i contorni e ruota su se stessa per poi fare un rumore, sordo, ed entrare in buca.
Desideri e amori e sogni.  
Tre astrazioni. 
Diverse da quelle di Will, seppur concatenate. Soprattutto per la seconda, considerato che non tutti ne provano il bisogno, eppure chi ne riceve un pizzico a fine giornata sa di essere uno dei pochi fortunati sulla terra e stringe quella sensazione dentro, forte, tanto da sentire sé stesso Amore.

Si chiama Routine.
É quel continuo vivere di programmi, di orari, di spesa da fare, di cose da comprare.
Questa quotidianità che è routine non uccide, no. É più forte, ha una potenza maggiore, è ad un livello successivo. 
Questa routine appiattisce, lima, assottiglia la vita. Lo fa lentamente, a piccolissimi passi, silenziosamente. Non la senti, non la percepisci, non la comprendi.
Lavora minuziosamente come una piccola talpa che si fa strada e crea un cunicolo per passare oltre, gratta le pareti fino a creare una apertura e passa. E fa passare tutto.
Rimedio? 
Soluzione?
Miracolo?
No, solo Dieci minuti.
Dieci minuti in cui creare un piano B, in cui fermarsi davanti ad un raggio di sole che riscalda la pelle, in cui sentire che si è ancora vivi.
Dieci minuti in cui spezzare quel momento, in cui strappare quella pagina a metà e scriverne un pezzo in mezzo, in cui ridere di una cosa che non avresti mai fatto.
Dieci minuti al giorno per guardare in faccia la quotidianità e dirle che non hai paura. Che è vero, forse lei è più forte, ma tu sei più intelligente quindi la userai. Sì, la userai per riposarti, per obbedirle quando non avrai voglia, per farti muovere a ritmo quando sarai stanca. 
Lo farai, sì. Eccetto che per quei dieci minuti. I tuoi dieci minuti.
In cui farai quella cosa che hai visto solo una volta in tv e ti ha divertita tanto, seppur non rientrasse tra "le cose che si fanno" e hai guardato la persona che avevi accanto per cercare di leggere quell'irriverente sorriso anche sul suo viso e avere così il permesso di poterlo dire, di poterlo almeno immaginare.
Dieci minuti per raggiungere quel posto senza muri e urlare a squarciagola e subito dopo sentire il silenzio intorno e sorriderne di cuore.
Dieci minuti in cui indossare quel vestito strambo, sfarzoso ed eccessivo piano di fronzoli e luccichii, pieno di colori forti, che hai visto in vetrina e hai avuto vergogna a comprare perché non lo avresti mai messo, perché ne hai troppi, perché è una spesa inutile. Quel vestito che indossato ti fa ridere di gusto, ti fa vivere nel tuo paese delle meraviglie, ti fa sentire un personaggio in cerca di autore.

Sono solo dieci minuti, sono quei dieci minuti, sono i tuoi.
Sono la via d'uscita dalla routine. Sono la strada delle tre astrazioni. Sono desideri, amore, sogni.
Solo Tu e i tuoi dieci minuti.

GAMBERALE C., "Per dieci minuti", La Feltrinelli, Milano, 2013.






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